Oggi c'era un'interessantissimo convegno alla mia Università, dal titolo "
Forme e paradossi della democrazia digitale: protesi cognitive, social networking, blogosfera e wikiscenza", patrocinato dalla Bicocca, diretto da Paolo Ferri e relazionato da diverse personalità quali
Derrick De Kerckhove,
Gianluca Nicoletti, il presidente di Wikimedia Italia Frieda Brioschi, il rappresentante di Google Marco Pancini, e i blogger
Massimo Mantellini e
Robin Good.
Il convegno è stata un'importante fonte di riflessione sull'era della comunicazione di massa, sulle forme "social" di comunicazione e sulla e-democracy.
Tutto il discorso parte da una domanda:
cosa succede nella democrazia quando cambiano le forme di comunicazione?
Con l'avvento delle nuove tecnologie, e in particolare del web 2.0, ossia blog, wikipedia, social networks e social aggregators, muta il "modo" con cui si informa il cittadino, muta soprattutto la
quantità di informazioni a cui può avere accesso e la
velocità con cui ne può prendere possesso.
Se la democrazia del passato è figlia della stampa, la cyber-democrazia è figlia dell'elettricità.
Ma quali sono le
condizioni della cyber-democrazia, le sue caratteristiche e le conseguenze a cui porterà?
La condizione fondamentale della e-democracy, la
condicio sine qua non senza la quale è inutile continuare nel discorso, riguarda l'
accesso a Internet. Banalmente, l'accesso alla rete è limitato in alcune aree, se non addirittura impedito dalle autorità che vedono nella rete un potente strumento di comunicazione di massa (leggi Cina).
Inoltre la stessa WiFi è, soprattutto in Italia, limitata con una serie di vincoli (prezzo, accesso, certificazione, che ne limitano il libero utilizzo; basti pensare al solo caso "
WiMax ", la tecnologia che consente l'accesso a reti di telecomunicazioni a banda larga e senza fili, che non ha preso piede in Italia nonostante sia utilizzato in gran parte del mondo.
Le caratteristiche più evidenti di questa nuove forme di comunicazione sono la
partecipazione, l'
immediatezza e la "
simmetria".
Grazie ai blog e hai social networks (
FaceBook su tutti) i canali di informazione e di interazione sono totalmente rivoluzionati: non più una informazione "calata dall'alto", ma che parte dal basso, dai semplici cittadini-utenti che
informandosi sulla rete, creano un pensiero autonomo e molte volte "parallelo" ai canali classici dell'informazione (televisione, radio). Un'informazione che
crea e stimola il dibattito, attraverso strumenti quali i commenti, il voto, il confronto diretto (la cosiddetta "simmetria" dei partecipanti: lo scambio di pareri è
one-to-one, ossia alla pari, senza una posizione, almeno in partenza, dominante o calata dall'alto).
Le conseguenze dirette delle caratteristiche sopra elencate sono innanzitutto la
responsabilità sociale e la
trasparenza. In una realtà dove le informazioni viaggiano alla velocità della luce e sono a portata di tutti diviene più difficile per il politico o il politicante mentire o dare dati falsi. La responsabilità sociale, in particolar modo, diverrà il punto di riferimento della prossima generazione di politici, i quali dovranno far fronte a questa evoluzione dei cittadini-elettori,
sempre più informati e "operanti".
In una struttura dove una notizia viene rimbalzata in tutto il mondo in pochi secondi, la responsabilità politica rimarrà comunque locale, ma la cosiddetta "lunga coda", ossia l'immagine,
la reputazione, viene riflessa e propagata in tutto il mondo.
I critici sostengono che questa
e-democracy sia in realtà un "ammortizzatore sociale", ossia un mezzo che serve a "sgonfiare" la rabbia verso il mondo reale e la vera politica; una valvola di sfogo per simulare il "giochino della democrazia" che non riusciamo a praticare nella realtà.
Qual'è il reale
riscontro della e-democracy nella vita reale? Serve a concorrere nelle decisioni dei Decisori?
Questa realtà apparentemente "paradisiaca" e perfetta può servire a rendere più democratica la nostra società? Oppure esistono 2 mondi, non collegati tra di loro?
Questo avanzamento verso una maggior "trasparenza" serve davvero a limitare il potere dei potenti, oppure essi continueranno a esercitare il loro potere infischiandone?
Fin qui, gli argomenti trattati al convegno. Voglio chiudere e lasciare a voi la discussione nel merito con due mie considerazioni. In primis vorrei ricordare come senza l'avvento dei blog, e il web 2.0 in generale,
Barack Obama non sarebbe mai potuto esistere. E' stata la blogosfera a decretare
il successo di Obama, nelle primarie contro Hillary Clinton prima, nelle presidenziali contro John McCain poi.
In secondo luogo voglio spiegare la mia conclusione: Internet, la wikiscienza, la blogosfera e social networks, devono servire ad aumentare l'informazione, a migliorare la nostra conoscenza del mondo, a creare uno spirito critico e cosciente, che deve poi essere usato e applicato nella realtà, in particolar modo in sede di voto o di partecipazione politica. E' nella realtà che deve essere fatta la democrazia. La rete fornisce gli strumenti per compiere il primo passo, la conoscenza (che rappresenta la base fondamentale di una vera democrazia), ma è poi il cittadino che deve applicarli nella realtà...
P.S. Stasera parto per Sharm El Sheik con un paio di amici... Una settimana di vacanza sfrenata (si spera) per caricare le batterie.. l'inverno sarà rigido..
Mi piacerebbe che questo argomento generasse una discussione collettiva e seria, anche per dimostrare una serie di sunti tratti dal post stesso, come la
partecipazione e il confronto diretto.. Cosa ne pensi??