martedì 10 giugno 2008

C’era una volta la P2. Ma c’è ancora...


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La storia comincia il 12 marzo 1981 quando Giuliano Turone, giudice istruttore di Milano, ordina la perquisizione di villa Wanda e degli uffici di Licio Gelli, attorno ad Arezzo, Castiglion Fibocchi. Gelli è l'eminenza grigia di tanti affari, banche e giornali: venerabile della loggia massonica Propaganda 2, è sospettato di reati che lo associano al finanziere della mafia Michele Sindona (avvelenato in carcere) a Joseph Macaluso e John Gambino, boss italo-americani. Frugando i suoi cassetti, due giovani magistrati (con Turone c’è Gherardo Colombo) aprono un vaso di Pandora e sbalordiscono scoprendo nomi entrati nella storia che si vorrebbe dimenticare. Politici, giornalisti, generali, magistrati e imprenditori affiliati segretamente ai cappucci segreti di Gelli. Colombo e Turone portano i documenti a Forlani, presidente del consiglio del tempo: imbarazzatissimo. Troppi amici galleggiano nella lista dei misteriosi. Per due mesi non la rende pubblica, ma Colombo e Turone insistono. Alla fine tutti sanno. Il governo cade, l’Italia entra in burrasca.

Trentacinque anni dopo dovrebbe essere una storia inquadrata nel passato, ormai innocua, eppure la si nasconde: come mai?

Risponde Sergio Flamigni, parlamentare Pci per cinque legislature. Ha fatto parte delle commissioni speciali bicamerali antimafia, caso Moro e Loggia massonica P2. Uscito dal Parlamento, non ha smesso di scavare mettendo assieme un archivio di documenti di un interesse storico che il ministero dei beni culturali ha sottoposto ai vincoli di legge riconoscendone l’eccezionalità. Flamigni ha trascritto in tanti libri ricostruzioni e rivelazioni: dalla Tela del ragno - il delitto Moro a Trame Atlantiche (sempre edizioni Kaos) in cui racconta personaggi e avvenimenti della loggia di Gelli. È il manuale più serio e consultato da chi vuol capire cos’è stata la P2.

Cosa è rimasto della loggia di Gelli nella politica italiana dei nostri giorni ?
«Tante cose, a partire dal presidente del Consiglio e candidato premier per il centrodestra, Silvio Berlusconi, affiliato alla Loggia di Gelli nel gennaio 1978: tutt'ora ne incarna la continuità politica e ideologica. Gelli sosteneva che: “Il vero potere risiede nelle mani di chi ha in mano i mass media”, filosofia che guida Berlusconi sia nella prima fase della P2, periodo golpista e stragista: i progetti eversivi stabilivano che televisione, radio e giornali erano i primi obiettivi da occupare militarmente. Ma la fedeltà di Berlusconi continua nel secondo momento (il cosiddetto Piano di Rinascita), il cui impegno è la conquista dei media. Per realizzarlo, la rete affaristica della Loggia segreta si è avventurata in finanziamenti occulti, infiltrazione e corruzione interne al sistema politico ed economico venute a galla nelle istruttorie sulla bancarotta dell’Ambrosiano e l’uccisione di Roberto Calvi sotto un ponte di Londra. La scoperta della loggia segreta interrompe il controllo piduista sul più importante gruppo editoriale italiano (Rizzoli-Corriere della sera), bloccando la grande manovra delle concentrazione di testate giornalistiche, eppure non frena altri obiettivi della P2, soprattutto il controllo delle Tv. Berlusconi ha avuto mano libera grazie a finanziamenti svizzeri di provenienza incerta, senza contare il sostegno dei banchieri fratelli P2, che ne hanno accompagnato le ambizioni con “appoggi e prestiti al di là di ogni merito creditizio”. E non si può dimenticare la spalla politica del craxismo... Anche dopo lo scioglimento della Loggia P2, il Cavaliere ha continuato ad inseguire gli obiettivi del Piano di Rinascita mettendo in pratica il credo di Gelli: vince chi possiede e domina i media. Non a caso “Gelli era molto amico di Berlusconi” come ha testimoniato davanti alla Commissione parlamentare, il direttore generale della Rizzoli, Tassan Din anche lui P2. Non è ancora un caso che negli elenchi di Castiglion Fibocchi, fra gli iscritti alla Loggia segreta si scoprono editori, tra i quali Berlusconi, 8 direttori di giornale, 7 firme della Rai-Tv, 22 tra giornalisti e pubblicisti. Berlusconi occupa un posto importante: è il terzo in ordine gerarchico nel gruppo “Informazione e mezzi di comunicazione di massa”. Viene dopo Fabrizio Trifone Trecca (grande reclutatore di piduisti e braccio organizzativo di Gelli), segue il direttore del Corriere della Sera Franco Di Bella, precede giornalisti ed esperti Tv in un elenco nel quale figurano ufficiali superiori della marina militare con incarichi nei servizi segreti; serviva un altro tipo di informazioni. Una certa parte dei piduisti sopravvissuti ancora prospera nell’apparato informativo di Berlusconi o in Forza Italia o nel sistema politico del centrodestra. La solidarietà P2 non si è sciolta. Per esempio, Roberto Gervaso. Ha presentato Berlusconi a Gelli diventando biografo adulatore di entrambi, tiene la rubrica “Peste e corna” a Rete 4, stessa rete per la quale lavora l'ex capo gruppo Fabrizio Trecca, medico personale di Gelli e titolare della trasmissione “Vivere bene”. Certi giornalisti continuano a dirigere riviste, o collaborano al Foglio, al Giornale, a Panorama, sempre proprietà Berlusconi. C’è chi appare alla Rai con la continuità di un buon contratto. È solo un caso - immagino - ma anche Claudio Lanti, direttore di “Velina Azzurra”, periodico interno di Forza Italia, figurava nell’elenco P2. Non parliamo dei politici: l’on. Fabrizio Cicchitto, reclutato da Trifone Trecca mentre era deputato della sinistra socialista, è diventato uno dei pilastri di Forza Italia. Gustavo Selva, giornalista della destra Dc, direttore del GR2, oggi deputato di Alleanza Nazionale e presidente della Commissione esteri della Camera. Publio Fiori, democristiano in era piduista, è vice presidente della Camera, eletto nelle liste di Alleanza Nazionale, ministro nel governo Berlusconi Uno. Da non dimenticare l’aspirante piduista Antonio Martino, difensore della segretezza delle Logge coperte della massoneria, ministro degli esteri nel governo Berlusconi Uno e ministro della Difesa nel Berlusconi di questa legislatura. Aspirante piduista perché nelle carte sequestrate a Gelli è stata trovata solo la domanda di affiliazione alla Loggia. Forse Colombo e Turone sono arrivati prima, forse non ha fatto a tempo a giurare fedeltà... ».

Come mai Gelli ha scelto certe persone e non altre?
«La P2 voleva riscrivere la costituzione in senso autoritario per impedire alla sinistra e al Pci la possibilità di andare al governo. Lo ha impedito con la strategia della tensione dando particolare importanza al reclutamento di uomini delle forze armate e della destra intransigente. Nella seconda fase, dopo la vittoria della sinistra nelle amministrative del 1975, la loggia cambia strategia: manovre più sofisticate con alla base un disegno politico. Per favorire la revisione costituzionale, la P2 infiltra o recluta protagonisti nei media, nei partiti, nei sindacati, negli apparati dello Stato in modo da influenzare e controllare le istituzioni. Il piano prevedeva capitali per corrompere e provocare la scissione sindacale, favorire gli affiliati all’interno dei partiti di governo e rompere l’unità della magistratura. Obiettivo, sopprimerne l’autonomia sottoponendo i pubblici ministeri all’autorità politica. Prevista anche l’abolizione dello statuto dei diritti dei lavoratori. Propositi di ieri, propositi che oggi non sembrano tanto cambiati. Il Piano Rinascita di Gelli punta su giornali e Tv. Prevede la dissoluzione del monopolio dello Stato e una potente Tv privata “in modo da controllare la pubblica opinione nel vivo del Paese”. Berlusconi viene scelto in quanto proprietario di “Telemilano 58” ritenuta accettabile base di partenza, ma nella scelta potrebbe essere stato determinante il fatto che il suo patrimonio aveva per baricentro la Svizzera, quindi protetto dalla segretezza. Nell’autunno 1979, momento di massimo potere della Loggia segreta in quanto dopo l’uccisione di Moro è finita la politica di solidarietà nazionale, “Telemilano 58” diventa “Canale 5”. Curiosamente Berlusconi realizza ciò che annuncia il Piano di Rinascita, vale a dire “una catena di Tv locali coordinate da un’agenzia centrale”. Proprio il profilo della sua nuova Tv commerciale. Contemporaneamente nasce Publitalia ‘80, agenzia pubblicitaria. Ha per consigliere delegato Marcello Dell’Utri, legatissimo a Berlusconi, buoni rapporti con protagonisti mafiosi come si scopre più tardi nei processi».

Berlusconi nega di aver partecipato attivamente alla P2. Dice di essersi iscritto solo per dare una mano a Gervaso, amico in difficoltà. È così?
«Non è credibile. Quasi tutti gli iscritti alla P2 negano o tentano di nascondere il loro ruolo nella Loggia, comportamento che deriva dal rispetto per il giuramento alla segretezza di ogni piduista. Berlusconi ha dichiarato davanti al giudice: “Non ho mai versato contributi”, ma la Guardia di Finanza ha sottolineato la piena corrispondenza tra la quota di 100mila lire indicata negli elenchi di Castiglion Fibocchi e il relativo versamento sul conto del Venerabile presso la Banca dell’Etruria. Berlusconi ha anche testimoniato: “Non vi fu cerimonia di iniziazione; non ho avuto alcun rapporto con altri affiliati, né ho partecipato a riunioni”. Ancora bugie. Nell’archivio uruguaiano del Venerabile, un documento ricorda l’affiliazione di Berlusconi con la scritta “Juramento Firmado”, ha firmato il giuramento. Lo stesso Gelli, anni dopo, ammette: “Berlusconi è stato normalmente iniziato a Roma. Credo presentato dal professor Fabrizio Trecca. Assistevano il Gran Maestro Giordano Gamberoni, per il Grande Oriente d’Italia, e il direttore delle Partecipazioni Statali, Giovanni Fanelli”».

Ma il Cavaliere ha querelato chi raccontava queste cose...
«È successo dopo la pubblicazione del libro “Berlusconi inchiesta sul signor Tv” (Kaos edizioni). Denuncia gli autori Giovanni Ruggeri e Mario Guarino e i giornalisti che hanno usato le notizie del volume. Primo quotidiano ad essere preso di mira, l'Unità. Berlusconi se la prende anche con La Notte, ma perde la causa perché il tribunale sentenzia il non doversi procedere. I giornalisti avevano solo raccontato la verità e il Cavaliere viene condannato a liquidare le spese processuali. Ci ripensa, e il 20 novembre 1989 ritira la denuncia contro l’Unità: naturalmente paga. Resta in piedi un altro processo, sempre per querela di Berlusconi per l’intervista di Ruggeri e Guarino al settimanale Epoca. Al Tribunale di Verona, sotto giuramento, il Cavaliere racconta cose false sulla sua iscrizione e partecipazione alla loggia P2. Il caso finisce davanti alla Corte d’Appello di Venezia la quale definitivamente lo sbugiarda: il 23 ottobre ’90 sentenzia che Berlusconi “è riconosciuto colpevole del reato di falsa testimonianza”. Poi interviene un’amnistia... Ruggeri e Guarino vengono assolti con formula piena».

Questo governo ha realizzato programmi previsti dalla P2?
«Non vi sono programmi della P2 compiutamente realizzati. Esistono provvedimenti e leggi che contengono elementi pericolosi del programma P2. Sono passati trenta anni dal cosiddetto “Piano di rinascita” e la politica piduista non può non avere subito evoluzioni, adattandosi alla nuova realtà. L’elemento più inquietante è contenuto nella legge di revisione della Costituzione: rompe l’equilibrio tra i poteri dello Stato, riduce la sovranità del Parlamento, concede spazi all’autoritarismo come era nella filosofia della P2. È la strada tracciata da Gelli. Altro provvedimento negativo, dal forte profumo piduista, è la legge sull’ordinamento giudiziario per la riduzione dell’autonomia della magistratura. Ma la vera essenza della P2 resta rappresentata dal dominio dei mass media. È il capitolo piduista in gran parte realizzato: potere televisivo del Cavaliere consolidato dalla legge Gasparri. Nel berlusconismo è poi rimasta una certa cultura affaristica e della corruzione, anima della P2: si perpetua nelle pratiche di governo con il conflitto di interessi e leggi ad personam».

Gelli, maestro venerabile, potrebbe sopportare la par condicio?
«Nemmeno per sogno. È una legge che si contrappone al predominio piduista. Non a caso Berlusconi l’ha definita liberticida. I richiami del Presidente Ciampi dimostrano quanto sia importante stabilire condizioni di parità nell’uso della Tv. Tutto ciò che Gelli combatteva».

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