mercoledì 26 marzo 2008

Persuasione occulta


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Era il 20 Gennaio 1759, quando il letterato Samuel Johnson lanciò dalle colonne del suo settimanale 'The Idler' il primo allarme: "Gli annunci pubblicitari sono oggi così numerosi che sono letti con molta negligenza, ed è perciò divenuto necessario conquistare l'attenzione con magnificienza di promesse, e con eloquenza talvolta sublime, talvolta patetica."

Ma che cos'è la pubblicità?
La pubblicità è quella forma di comunicazione che tende in modo intenzionale e sistematico a influenzare gli atteggiamenti e le scelte degli individui in relazione al consumo di beni e all’utilizzo di servizi.

Ma perchè, e come nasce la pubblicità?
Il peso assunto dalla pubblicità è strettamente legato a quello dei dollari discrezionali, termine coniato negli anni '50 dalla sociologia americana per definire la quota di reddito disponibile una volta coperte le spese di sussistenza e riproduzione. La pubblicità, dunque, nasce come continua ricerca di bisogni supeflui, grazie alla quale poter far spendere alle persone i loro dollari discrezionali.
Nel periodo che va dal 1950 al 1970, ci fu una crescita vertiginosa della produzione , e, consequenzialmente, erano aumentati i dollari dollari discrezionali a disposizione dell'americano medio. Su questa base oggettiva, nacquero gli studi e crescevano gli sforzi soggettivi per stimolare il mercato. Tutte le armi erano impiegate per persuadere gli americani a spendere.

Gli investimenti pubblicitari mondiali sono cresciuti negli ultimi dieci anni del 41,5% in termini reali, e hanno raggiunto nel 2005 l'astronomica cifra di 450 miliardi di dollari (come termine di paragone vi basti pensare che il budget annuale delle Nazioni Unite è di 190 miliardi di dollari). Nel 1955 i costi per gli investimenti pubblicitari americani raggiungevano la cifra di 9 miliardi di dollari; nel 2005 la spesa pubblicitaria americana è stata di 155 miliardi di dollari.

Al giorno d'oggi complesse organizzazioni sociali lavorano non per produrre ciò che serve agli uomini, ma per fabbricare nuovi bisogni che li trasformino in nuovi consumatori. Il WPP Group, primo in Europa e secondo al mondo nella pubblicità, con sede a Londra e 10 miliardi di dollari di fatturato, vanta 97.000 dipendenti nei suoi 2.000 uffici sparsi in 106 paesi nel mondo. Per avere idea del ruolo distorto della pubblicità nasti pensare al caso della Bayer. La nota casa farmaceutica tedesca spende l'85% del suo ricavato annuo in pubblicità. Il 15% rimanente viene così suddiviso: 10% per i fondi al settore dei cosmetici, e solo il 5% destinato alla ricerca.

Ma come agisce la pubblicità?
Questa è la domanda; proprio questo è il nocciolo della questione.
Già Marx nel lontano 1844, scriveva che la pubblicità avesse uno scopo ben definito: "...eccitare i desideri morbosi, spiare ogni debolezza, per poi chiedere il compenso per questo affetuoso servizio...". Ma dopo un secolo e mezzo di esperienza, i mezzi per giungere a tali fini sono divenuti molto più sofisticati...
Un famoso studioso, Georges Bernanos, afferma che i motori di scelta della pubblicità sono i sette peccati capitali, per la ragione che è molto più facile appoggiarsi sui vizi dell'uomo che sui suoi bisogni.
Edward Bernays (1891-1955), pubblicitario, ammette nel suo libro "Propagande" (1928):

"Coloro che hanno in mano questo meccanismo [...] costituiscono [...] il vero potere esecutivo del paese. Noi siamo dominati, la nostra mente plasmata, i nostri gusti formati, le nostre idee suggerite, da gente di cui non abbiamo mai sentito parlare. [...] Sono loro che manovrano i fili...Bernays non si riferisce soltanto alla propaganda politica, bensì alla pubblicità, i cui strumenti sono gli stessi: la sua campagna per la American Tobacco Company negli anni 1920, per incitare le donne a fumare, consistette per esempio nell'associare visivamente in maniera costante la sigaretta e i diritti o la libertà della donna."

Non è facile farsi notare in mezzo a settemila messaggi pubblicitari. La pubblicità dunque cerca di provocare per incidere meglio sulla mente. Una pubblicità spinta utilizzando simboli religiosi o simili, oppure che non esiti a fare uso della violenza, può essere una pubblicità vincente in termini di influenza sul pubblico. D'altra parte è noto che le scariche di adrenalina rendono più efficace la memorizzazione. Si comprende dunque perché, tra stereotipi, sesso e violenza, la pubblicità sia criticata, e anche, talvolta, condannata penalmente.
Se si vuole approfondire i metodi di persuasione e indirizzamento, si legga l'articolo del Corriere della Sera, relativo al raccoglimento occulto di dati personali.

Ma a cosa serve la pubblicità?
E' stato chiarito dunque, come la necessità di eccitare, piuttosto che appagare, i bisogni sociali sia il presupposto della pubblicità. Scopo della pubblicità non è quello di informare, bensì quello di eccitare il mercato, ossia creare nuovi bisogni al fine di convincere le persone a spendere i loro dollari discrezionali, ossia a divenire consumatori.
Secondo una ricerca americana, pubblicata su "Il nuovo libro della pubblicità" un consumatore americano subisce mediamente, ogni giorno, duemila proposte pubblicitarie (un europeo circa 1000), e alla sera non se ne ricorda più di tre.
Stupiti? Io, in un mondo in cui gli investimenti pubblicitari mondiali sono più alti della somma delle ricerche contro AIDS, cancro e leucemia, non mi stupisco più di niente...

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